Il paradosso: l’Italia fuori dai Mondiali e la Serie A porta tre squadre in altrettanti finali europee

Da una parte il ct Mancini e dall'altra Inzaghi, Mourinho e Italiano che hanno condotto i rispettivi club in finale
Da una parte il ct Mancini e dall'altra Inzaghi, Mourinho e Italiano che hanno condotto i rispettivi club in finale

Quella di ieri è stata certamente una serata storica al termine della quale Roma e Fiorentina hanno raggiunto le rispettive finali di UEFA Europa League e di UEFA Europa Conference League. Una serata che avrebbe potuto vedere, addirittura, una finale tutta italiana tra Roma e Juventus ma che invece ha visto quest’ultima lasciare il passo agli spagnoli grazie agli ex “italiani” Suso e Lamela.

Roma e Fiorentina si aggiungono all’Inter di Simone Inzaghi andando a contendere tutte e tre le coppe europee della stagione in corso. Un traguardo meraviglioso per il calcio italiano e che, a vedere invece il flop della nazionale di Mancini, sembrava essere assolutamente impensabile.

Perché allora la nazionale non è riuscita a qualificarsi ai Mondiali, mentre la Serie A potrebbe vincere Champions League, Europa League e Conferenze League? Il primo dato oggettivo che salta subito agli occhi, a parziale discolpa del Ct Mancini, è che delle tre italiane nessuna di queste ha affrontato la rispettiva competizione con almeno un attaccante italiano titolare. Un elemento che strazia i cuori di quanti ricordano che, sino al 2006, la qualità e la quantità dei giocatori offensivi di livello internazionale su cui poteva contare la nazionale era quasi ineguagliabile dalle altre nazionali. Inutile stare a sottolineare che dopo i vari Del Piero, Totti, Inzaghi, Toni, Vieri, c’è stato il vuoto o quasi. Inutile ricordare che di quegli anni facevano parte giocatori del calibro di Miccoli, Montella, Di Vaio, Chiesa, Di Natale che la nazionale la vedevano solamente per qualche amichevole senza punti in palio.

Sicuramente, quindi, l’assenza di giocatori italiani che le partite te le fanno vincere ha pesato nella mancata qualificazione ai Mondiali ma non può essere l’unico motivo e non può, e non deve, essere un alibi dietro al quale nascondersi. Immobile, ad esempio, è il fallimento più grande di Mancini verso un giocatore. Un attaccante, quello laziale, che a prescindere dai gusti estetici personali sul modo di intendere il calcio, fa parlare per lui i numeri in maniera molto chiara e netta.

Godiamoci intanto tre squadre italiane che proveranno a fare “all-in” in Europa e poi proviamo a ridare dignità ad una nazionale che negli ultimi anni, senza dimenticare la meravigliosa impresa agli europei, sembra essere diventata un centro di collocamento per giovani promettenti da mettere in luce per le tasche dei procuratori che li gestiscono.

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