La prima intervista de “L’esperto sale in cattedra” non poteva che essere con “il prof” del mondo dello sport. Il preparatore atletico, infatti, è il professore a cui giocatori e atleti devono totale ubbidienza. Una figura che nel corso degli anni è diventata sempre più determinante ai fini dell’esito finale di una stagione sportiva. Paolo Traficante, preparatore atletico professionista FIGC, sale in cattedra per spiegarci quanto stia cambiando la sua figura professionale e quanto la parte atletica stia diventando indispensabile in un calciatore, ma non solo.

Paolo al momento sei il preparatore atletico della Viterbese calcio che milita nel campionato di Serie C, girone C. Oltre ad esperienze professionali in Serie B, collabori con le Università di Pisa e Verona per un master sulla preparazione atletica nel calcio e annoveri numerose pubblicazioni. Quanto sta cambiando la vostra figura professionale dagli inizi della tua carriera ad oggi?
La nostra figura cambia molto spesso e molto velocemente I mezzi e i metodi di allenamento mutano in continuazione e le ricerche scientifiche ci danno la possibilità di modificare il nostro operato che però deve sempre essere fondato su delle basi solide di fisiologia, biomeccanica e teoria dell’allenamento. Ben vengano le innovazioni ma devono sempre essere contestualizzate e ben capite prima di essere applicate.

 

Il calcio espresso dall’Atalanta in Italia, come anche i giocatori di basket NBA in America, sembrano gli esempi più lampanti di quanto la parte atletica sia diventata predominante nello sport. Quale aspetto del vostro lavoro viene curato maggiormente per ottenere prestazioni come, ad esempio, quelle dei giocatori di Gasperini?
Sicuramente l’Atalanta esprime un calcio dispendioso fatto di grande intensità e che mette in luce una buona condizione atletica, che necessita di un lavoro programmato e continuativo. Per fare questo secondo me i fattori più importanti sono, individualizzazione del carico cercando di curare il singolo atleta in base alle sue esigenze, avere il coraggio di allenare e quindi portare i calciatori ad allenarsi oltre i propri limiti, creare l’abitudine al lavoro e allenare tutti i meccanismi muscolari e fisiologici utili al calciatore per potersi esprimere ad alti livelli. In questo momento storico in cui il lavoro in campo può essere molto simile tra le squadre, credo che il lavoro di forza svolto in palestra possa essere quello che permette di innalzare i livelli di atletismo dei calciatori.

 

Tra le tue pubblicazioni, molte riguardano la prevenzione degli infortuni. Sportivi come Cristiano Ronaldo, Roger Federer, LeBron James e tanti altri sono ancora al top nei rispettivi sport nonostante la carta d’identità non sia dalla loro parte. Sui loro profili social, ad esempio, uno degli elementi in comune che traspare chiaramente è la cura del proprio corpo in maniera quasi maniacale. Quanto conta questa cura del dettaglio nel prevenire l’infortunio? E quanto può incidere il ripetersi dell’incidente muscolare sulla regressione della performance sportiva?
La prevenzione degli infortuni è un tema molto delicato in quanto gli infortuni hanno sempre insorgenza multifattoriale, certo è che la cura dei dettagli, la creazione di routine di esercizi preventivi può cercare di ridurre ma non eliminare totalmente il rischio di farsi male.

 

Chiederti come fare a prevenire un infortunio sarebbe una domanda fuori luogo che potrebbe essere soddisfatta soltanto leggendo le tue pubblicazioni. Sarebbe interessante sapere quali infortuni sono più comuni nel mondo del calcio e le regole base per cercare di prevenirli.
Per prevenire gli infortuni bisogna allenarsi, con costanza, progressività e cercando di personalizzare i mezzi di allenamento. Tutto il resto, tra cui troviamo gli esercizi preventivi, il controllo del carico, l’alimentazione e tanto altro, sono la ciliegina sulla torta che è l’allenamento. L’allenamento è la prevenzione primaria! Nel calcio gli infortuni più frequenti sono sicuramente gli infortuni muscolari e soprattutto agli ischiocrurali (chiamati da tutti flessori anche se quella è solo una delle loro funzioni).

L’ultima domanda si riferisce alle famose “distanze lunghe” tante odiate dai calciatori. Negli anni passati sembravano essere passate di moda, mentre, ultimamente, sembrano ritornate in voga. Il prof Paolo Traficante le impone ai suoi calciatori? A cosa servono ai fini della prestazione del calciatore?
Premetto che la parola imporre non mi piace, perché noi preparatori non imponiamo ma proponiamo e cerchiamo di proporre quello che serve al calciatore. Le distanze lunghe per me servono e le utilizzo perché, sempre secondo me, permettono di non sovrapporre il lavoro del preparatore a quello del tecnico che sempre più frequentemente utilizza esercitazioni ad alta intensità.

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