Us Open: mai nessuno come Jannik e Matteo

Di Samuele Rizzo

Per la prima volta nella storia del tennis maschile, due tennisti italiani approdano insieme nei quarti di finale degli Us Open di New York. E non sorprende che a farlo siano due ragazzi capaci da qualche anno di spostare sempre più in alto l’asticella dei nostri sogni e delle loro ambizioni. Matteo Berrettini aveva avuto bisogno di cinque set per battere lo spagnolo Davidovich Fokina, a Jannik Sinner ne sono serviti altrettanti per avere ragione del bielorusso Ivashka. Qualcuno, in questa moda ormai consolidata di spegnere gli entusiasmi altrui, potrebbe dire che erano partite da vincere, che ci sono state delle incertezze, che tutto sommato non si è fatto nulla di speciale. Invece è vero il contrario.

La storia del tennis italiano è costellata di occasioni mancate per poco, di partite bellissime eppure perse.

Per trovare partite così così, eppure vinte, negli Slam bisogna cercare a lungo, col rischio di trovare poco o nulla. Perché il tennis è questo: ci sono tornei e momenti in cui non si può esprimere il proprio miglior gioco, momenti in cui i nervi e la testa contano più della tecnica. Rafael Nadal e Novak Djokovic, per dirne due che qualcosa in carriera hanno portato a casa, potrebbero scriverci dei manuali. Sinner e Berrettini, fatte le dovute proporzioni, sono fatti della stessa pasta.

Sanno che non si può pretendere di essere costantemente al top, ma sanno anche come e quando fare la differenza. Non vuol dire che siano al livello dei due fenomeni, vuol dire che pensano come loro.

Contro Ivashka, un tipo bizzarro che possiede una velocità di braccio di tutto rispetto, Sinner si è trovato a un passo dal baratro, sotto 1-3 nel quinto. Da quel momento, ha concesso al suo avversario tre punti. Tre.

Una dimostrazione di forza e solidità mentale che trova pochi precedenti nella storia tricolore. Sinner ha attraversato un periodo delicato, ma nella seconda parte di questo 2022 si è rimesso sui binari e sta dimostrando di non temere nulla e nessuno. Non un grande avversario, non una grande vittoria. Che arriverà: per lui, come per Berrettini, è solo questione di tempo. Forse meno di quello che ci si aspettava.

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